UGOLINO della GHERARDESCA Inf. XXXII, 133; Inf. XXXIII,1
Cerchio 9, Zona2 - Antenora, traditori della patria o della parte

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Ugolino della Gheradesca era una delle personalità politiche di primo piano nella Toscana della giovinezza di Dante.
Nato a Pisa da antica e nobile famiglia, Ugolino era per tradizione familiare di parte ghibellina, ma, ancora per ragioni familiari, passò su posizioni guelfe, alleandosi con il genero Giovanni Visconti contro il comune nemico costituto dalla ghibellina Genova.

Ugolino ottenne dapprima alcuni successi militari, ma il 6 agosto 1284, durante la battaglia della Meloria, la flotta pisana fu tragicamente sconfitta dalle navi genovesi, comandate da Oberto Doria e Benedetto Zaccaria. Una manovra sospetta delle navi di Ugolino, che poteva sembrare un abbandono delle acque dello scontro, gli procurò l'accusa di tradimento.
Nonostante l'accusa, l'anno successivo Ugolino fu nominato capitano del popolo e in collaborazione con il nipote Nino Visconti (Pg.), di parte guelfa, avviò un programma di riforme a vantaggio soprattutto dei ceti meno privilegiati, non intaccando tuttavia l'indirizzo prettamente ghibellino della politica pisana.

Incrinatosi l'accordo con il nipote, Ugolino non reagì quando l'arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, capo del partito nobiliare e ghibellino, riuscì nel 1288 a scacciare Nino da Pisa, relegandolo nei suoi possedimenti in Sardegna. Sicuro di riconquistare il suo preminente ruolo politico, Ugolino tentò di ristabilire l'accordo con il partito ghibellino, ma nel 1289 l'arcivescovo lo fece arrestare e rinchiudere con i figli ed i nipoti nella torre dei Gualandi a morirvi di fame.
La torre, che veniva utilizzata per lasciarvi le aquile nel periodo della muta delle penne ed anche come prigione comunale, dopo la morte di Ugolino fu chiamata "Torre della Fame".

Tutto l'episodio di Ugolino, la rievocazione della sua morte come la rappresentazione della sua eterna condanna, è intriso di citazioni da Stazio e Virgilio, i classici più cari al poeta.

L'orrore che Dante prova e che vuole suscitare, con espressioni che volutamente inducono a pensare ad una certo irreale antropofagia, è rivolto alla crudeltà della lotta politica del suo tempo, è la reazione non al singolo evento, ma a tutta una classe politica che andava invischiandosi sempre più nell'odio di parte, nei tradimenti, nelle vendette tanto crudeli quanto meschine.
La morte di Ugolino diviene così, non la fine di un avversario politico, ma la tragedia di un padre costretto a veder morire impotente i suoi figli senza neppure morire per il dolore ma solo, infine, per la fame ("Poscia più che 'l dolor, potè 'l digiuno" Inf. XXXIII, 75).
Nella tragedia di Ugolino, peccatore nell'odio di parte e vittima nell'affetto di padre, echeggia la tragedia più grande di un modo di fare politica che offende l'umanità delle persone.